31/08/11

Simon Reynolds: RETROLOGIA #3



Remake, reunion, ristampe e altri fenomeni «retromaniaci»: 2008-2009

«Retrologia» (parte terza)
 «2008/Febbraio: Le tribute band The Clone Roses e The Smiths Indeed allestiscono un doppio concerto in realtà mai avvenuto (l’ultimo concerto inglese degli Smiths risale al 12 dicembre 1986, quando gli Stone Roses erano sconosciuti). Per restare in zona Manchester, il dj della serata era Clint Boon degli Inspiral Carpets, che il mese seguente inizieranno il loro Return of the Cow Tour >>>> 2008/Febbraio-Marzo: Duffy, aspirante novella Bettye Swann, è numero 1 nel Regno Unito per cinque settimane con Mercy, un retro-soul la cui introduzione campiona le prime battute di Stand By Me di Ben E. King. È il terzo singolo più venduto dell’anno >>>> 2008/Febbraio-Marzo: I Mission tengono quattro concerti allo Shepherd’s Bush Empire di Londra eseguendo «un intero album» a serata «più tutti i lati B dei singoli dell’epoca» >>>> 2008/Aprile: I Mudcrutch, il «gruppo perduto» ma non immaginario di Tom Petty (inizio anni settanta, prima degli Heartbreakers), si riformano, vanno in tour e registrano un album di canzoni vintage. Petty: «Avevamo lasciato della musica in sospeso ed era ora di andare a recuperarla» >>>> 2008/Maggio: I Public Enemy eseguono il loro incen-diario ed epocale album «It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back» (1988) alla Brixton Academy di Londra, all’ABC1 di Glasgow e alla Manchester Academy >>>> 2008/Maggio: Gli Sparks sbaragliano gli altri esponenti del movimento «lp classici riproposti dal vivo» suonando tutti e venti i loro album in altrettante serate alla Islington Academy di Londra. La ventunesima sera chiudono presentando il nuovo album allo Shepherd’s Bush Empire >>>> 2008/Estate: Dieci anni dopo essersi sciolti i My Bloody Valentine si riuniscono per un tour mondiale, a beneficio delle schiere di amanti di «Loveless» che non li avevano mai visti dal vivo e dei fan di vecchia data ansiosi di farsi spaccare i timpani come nel 1992 >>>> 2008/Settembre: Il rétro fine ottanta-primi novanta si insinua nella prima serata televisiva: uomo ormai di mezza età, Rufus Humphrey – il papà ex rocker di Gossip Girl – riforma i Lincoln Hawk, il suo effimero gruppo grunge-lite. «Oh mio Dio, mi hanno appena chiamato. Apriremo per i Breeders. Immagino che la reunion dei Luscious Jackson non sia andata bene» >>>> 2008/Settembre: Echo and The Bunnymen eseguono l’intero quarto album «Ocean Rain» alla Royal Albert Hall >>>> 2008/Autunno: Fashion Rocks, supplemento di Vogue edito da Condé Nast, pubblica un servizio con Dhani Harrison vestito e baffuto come il padre George intorno al 1968 insieme alla modella bionda Sasha Pivovarova nel ruolo di Patti e Boyd. I due sfoggiano un look alternativo di lusso con cappelli a tesa ampia e pellicce >>>> 2008/Dicembre: Apre a Manhattan il Rock and Roll Hall of Fame Annex, filiale newyorchese del Rock and Roll Hall of Fame and Museum di Cleveland >>>> 2009/Febbraio: In occasione del Black History Month, VH1 Classic inaugura una serie tv in quattro parti intitolata Black to the Future, un omaggio nostalgico al pop afroamericano costruito secondo il modello kitschadelico delle serie I Love the ’70s/’80s/’90s >>>> 2009/Febbraio: Inaugurazione di ArtCore – una mostra della «cultura visiva» acid house e rave – al Selfridges Ultralounge di Londra, seguita da un’asta di oggetti, tra i quali volantini di club e rave come Hacienda, Spectrum, Raindance e Tribal Gathering >>>> 2009/Febbraio: Van Morrison pubblica un album con uno dei titoli meno invitanti della storia: «Astral Weeks Live at the Hollywood Bowl», testimonianza della performance stile «Don’t Look Back» del suo classico lp del 1968 >>>> 2009/Marzo: Apre all’O 2 di Londra il British Music Experience, un modernissimo museo rock’n’pop hi-tech >>>> 2009/Aprile: Cominciano le ristampe dell’intera discografia di Nick Cave. Ciascuna delle lussuose riedizioni contiene un cd più un dvd con un documentario sull’album realizzato da Iain Forsyth e Jane Pollard, artisti della ricostruzione >>>> 2009/Aprile-Maggio: La formazione originale degli Specials (senza il leader e fondatore Jerry Dammers) si riunisce per celebrare i trent’anni del gruppo con un tour >>>> 2009/Maggio: I Breeders, che tecnicamente non si sono riformati perché – pur rimanendo a lungo inattivi – non si erano mai sciolti, curano il festival All Tomorrow’s Parties con i rinati post-punk Gang of Four, X e Wire, più luminari alt rock fine ottanta/inizio novanta quali Shellac, Throwing Muses, Teenage Fanclub, Giant Sand e Th’ Faith Healers >>>> 2009/Maggio: Salpa Great Gig in the Sea, la prima crociera per le Bahamas a tema Pink Floyd con due concerti della tribute band Think Floyd USA, compresa un’esecuzione brano per brano di «Dark Side of the Moon» >>>> 2009/Giugno: Neil Young pubblica il primo volume dell’attesissimo progetto «Archives». I dieci dischi di «Archives, Vol. 1: 1963-1972», solo il primo di quattro cofanetti, contengono musica inedita più venti ore di video, il documentario Journey Through the Past del 1974, foto, testi, lettere, cimeli, un diario e registrazioni di interviste, apparizioni radiofoniche e monologhi durante i concerti >>>> 2009/Luglio: Esce «Horehound» dei Dead Weather, un supergruppo retro-rock con Jack White dei White Stripes e Alison Mosshart dei Kills (la cui immagine/voce è un omaggio vivente a Patti Smith). Nel frattempo il chitarrista dei Kills Jamie Hince (la cui tecnica è un omaggio vivente a Wilko Johnson dei Dr Feelgood) valuta l’ipotesi di formare un gruppo con la sua ragazza Kate Moss >>>> 2009/Agosto: Quarant’anni esatti dopo l’8 agosto 1969, giorno in cui i Beatles attraversarono Abbey Road per la copertina dell’omonimo lp, Richard Porter, proprietario del Beatles Coffee Shop, organizza un attraversamento collettivo della strada beatlesiana >>>> 2009/Agosto: Il film Motel Woodstock di Ang Lee esce nel quarantesimo anniversario del festival del 1969 >>>> 2009/Settembre: Richard Hell, l’uomo al quale Malcolm McLaren rubò l’acconciatura e la maglietta strappata per il look dei Sex Pistols, pubblica «Destiny Street Repaired», una versione riregistrata di «Destiny Street», secondo album dei Voidoids >>>> 2009/Settembre: Gli attesissimi album rimasterizzati dei Beatles, più due costosi cofanetti dell’intera discografia in versione stereo e mono, schizzano in testa alle classifiche di tutto il mondo. The Beatles: Rock Band supera Guitar Hero 5 nelle vendite dei videogiochi >>>> 2009/Settembre: Disney e Apple Corps raggiungono un accordo per l’adattamento in 3D firmato da Robert Zemeckis di Yellow Submarine, il film animato dei Beatles uscito nel 1968 >>>> 2009/Ottobre: I Pixies portano in tour l’intera scaletta di «Doolittle» per celebrarne il ventesimo anniversario, e si vocifera di un nuovo album in arrivo, il sesto >>>> 2009/Novembre: I Kraftwerk pubblicano «12345678: The Catalogue», l’intera discografia (eccetto tre album sperimentali giovanili) rimasterizzata e riconfezionata >>>> 2009/Novembre: I Sonic Youth appaiono in una puntata di Gossip Girl come orchestra nuziale al matrimonio di Rufus Humphrey, dove suonano una versione acustica di Starpower del 1986 >>>> 2009/Dicembre: John Lydon (quello che «l’idea di ripetermi non mi ha mai e poi mai sfiorato») riunisce i Public Image Ltd per una serie di concerti in occasione del trentennale di «Metal Box». La formazione non è quella con cui aveva registrato l’album (Keith Levene e Jah Wobble) ma quella di fine anni ottanta. Segue un tour americano nella primavera 2010 >>>> 2009/Dicembre: I Flaming Lips pubblicano la loro versione di «Dark Side of the Moon» dei Pink Floyd.» [...]

30/08/11

Simon Reynolds - Tour in Italia



SIMON REYNOLDS
per l’uscita italiana di
RETROMANIA
Musica, cultura pop 
e la nostra ossessione per il passato

Simon Reynolds, autore per Isbn di Post-Punk, Hip-hop-rock e Totally Wired, sarà in Italia per un il tour promozionale di Retromania (uscita 15 settembre).

18 SETTEMBRE - PISTOIA
Festival Arca Puccini

Alle 10.30 Question Time: Nevrosi e John Vignola incontrano Simon Reynolds.
Alle 15.00 Est/Ovest: Stati dell’arte - convegno con Simon Reynolds, Zakhar Prilepin, Jaroslaw Mikolajevski, Paolo Cognetti, John Vignola. Coordina Goffredo Fofi.

19 SETTEMBRE - ROMA
Circolo degli Artisti

Dalle 21.30 presentazione del libro Retromania con Alberto Piccinini, Federico Guglielmi, Barbara Tomasino, Emiliano Colasanti, Luca Collepiccolo.
Dj set e Videoproiezioni: Lo-fi for the Eyes a cura di Valerio Mattioli e Lorenzo Gigotti

20 SETTEMBRE - MILANO
Fnac - Atomic bar

Alle 19.00 presentazione del libro Retromania alla Fnac di via Torino, con l’autore interviene Carlo Antonelli.
Dalle 22.00 all’Atomic bar (via Panfilo Castaldi) dj set con l’autore.

23/08/11

L’età dell’oro

Per sapere se vivi in un’età dell’oro, basta rispondere a una domanda: hai la sensazione che durerà per sempre? Non vedi una sola ragione al mondo perché debba finire? È un’illusione, naturalmente, come la fugace magia dell’innamoramento. Ma è così che si sentiva chi nei primi anni ottanta era giovane, inglese e malato di musica pop.
Simon Reynolds, da Post-punk 1978-1984, Isbn Edizioni


22/08/11

Simon Reynolds intervista Simon Reynolds


Simon Reynolds nella sua carriera di giornalista musicale ha scritto un numero indefinito di articoli e ha intervistato decine e decine di artisti. Ma una volta gli è anche capitato di intervistare se stesso, come in Totally Wired. Ecco la prima, interessante domanda che Simon Reynolds ha fatto a Simon Reynolds:

Come hai definito il «post-punk»? Sembra un’entità piuttosto… nebulosa.

Il modo in cui l’ho definito in linea di massima è questo: gruppi che erano stati catalizzati dal punk ma che non suonavano punk rock in modo classico, tipo Pistols/Clash. Non sarebbero esistiti se il punk non gli avesse fornito la spinta iniziale, dandogli la sicurezza di fare da sé, però interpretavano il punk come l’imperativo di continuare a cambiare. La grossa eccezione a questa definizione di «catalizzati dal punk» – e che quindi richiedeva una definizione di secondo livello – erano quelle band, come i Devo e i Cabaret Voltaire, che già esistevano anni prima dell’avvento del punk ma che trovarono un pubblico solo dopo, quando il punk ebbe creato una maggiore apertura, e che di conseguenza sono sempre state considerate «post-punk». C’erano diversi livelli in quella apertura. Il punk aveva creato un pubblico affamato di musica stimolante, di estremi di tutti i tipi. Aveva dato uno scossone alle major, che ora si prendevano più facilmente il rischio di mettere sotto contratto una band innovativa, per paura di rimanere indietro. Infine, il punk aveva innescato l’esplosione delle etichette indipendenti, che rappresentavano una rete di distribuzione per tutti quei tipi di musica bizzarra che altrimenti avrebbero dovuto sostenersi con le sole vendite per corrispondenza ma che ora potevano invece raggiungere un pubblico notevolmente più numeroso. Questi tipi di musica avevano anche la possibilità di «significare» in un contesto molto più espanso e ricco di energie.
Forse il modo migliore per pensare al post-punk non è nei termini di un genere ma in quelli di uno spazio di possibilità, dal quale è emerso uno spettro di nuovi generi: dark, industrial, synthpop, mutant disco e altri. Poiché è uno spazio – o forse un discorso sulla musica, più che uno stile musicale – ciò che unisce tutte queste attività è un insieme di imperativi indefiniti: innovazione, eccentricità intenzionale; il rifiuto di tutte le cose che avevano precedenti o che erano «rock’n’roll». Questa indefinitezza incoraggiava la varietà e la divergenza, tanto che alla fine del periodo coperto dal libro la distanza fra un frammento e l’altro del post-punk è diventata molto grande: dal dark al New Pop, dalla «big music» di U2 e Bunnymen alla seconda ondata dell’industrial… Tutti si sono dispersi e hanno preso ognuno la propria strada, spesso del tutto antitetica alle direzioni prese dagli altri. Ma il punto d’origine comune, il mitico luogo dell’unione perduta, è il punk. È il punk il punto di accensione. Il Big Bang.
Perché fermarsi al 1984? La periodizzazione è una faccenda complicata su cui gli storici hanno scritto libri interi: «Che cos’è un’era?», «In quali circostanze si può isolare un segmento temporale come un’epoca definita o delineare uno “spirito dei tempi”?». I periodi sono confusi su entrambe le estremità; si fondono gradualmente per poi sgretolarsi, senza mai sparire del tutto. Nel 1984, però, mi sembrava che ormai le idee e le energie sia del post-punk che della sua inseparabile seconda fase, il New Pop, avessero fatto il loro corso. La maggior parte del gusto all’avanguardia – i musicisti, la critica, i fan – si stava spostando in una direzione rétro. Lo stesso genere di persone che diversi anni prima avrebbe potuto essere nei PiL, negli Scritti, nei Gang of Four, negli Human League non si interessava più della black music contemporanea e non esplorava più l’elettronica; i musicisti erano tornati alla chitarra e alla formazione rock classica, e si erano fissati con gli anni sessanta. Qualche eccezione c’era: un pugno di nuove band aveva ancora fede negli ideali post-punk; l’industrial come genere continuava a crescere; certe figure chiave dell’era postpunk come i Cabaret Voltaire e Mark Stewart seguitavano a fare musica in continuità con le idee del post-punk. Forse si sarebbero potuti vedere Madonna o i Pet Shop Boys come «New Pop tardivo»: moderni ritmi dance + testi eruditi
+ giochi neo-glam con l’immagine e l’identità. Ma la maggioranza della gente influente e al passo con i tempi era occupata a rielaborare il passato del rock. Soprattutto, erano ossessionati dagli anni sessanta.

16/08/11

Britpop rewind #1



Signor Hulot ha messo insieme un interessante collage del sound Britpop attraverso le intuizioni di Simon Reynolds in Hip-hop rock.

Vi ricordate il brit-pop? Blur contro Oasis, Blair e la cool Britannia (per alcuni la luce alla fine il tunnel tory, per altri la dimostrazione che la Thatcher aveva vinto in modo definitivo), il recupero di una continuità tipicamente inglese, tra Kinks, Beatles, Stones, Traffic, T-Rex e Roxy Music. Morrissey come fratello maggiore e gli Stone Roses come prime movers. Ecco qui allora una breve rassegna sull'altro brit-pop, quello lontano da Damon Albarn e dai fratelli Gallagher. Canzoni che hanno avuto un grande successo ma che ora, passato un po' di tempo, rischiano di essere dimenticate.

Reynolds racconta a modo suo il brit pop in varie parti di Hip-hop rock

Pulp - Common People. I Pulp non ce li dimentichiamo di certo, e Common People rimane il capolavoro assoluto di quegli anni. Orgoglio working class contro le ragazzine bene che giocano a fare le alternative. Vi dice niente? Che poi la musica sia quasi kraut rock (quella batteria e quella tastiera...) è quasi un dettaglio e che Jarvis sia un Brian Ferry dinoccolato, dove lo mettiamo?


Elastica – Stutter. Come capita spesso, un gruppo a prevalenza femminile che lascia sui blocchi di partenza molti maschietti un po' troppo intenti a guardarsi l'ombelico. Tra i pochi gruppi brit pop a non far finta che il punk non sia esistito, e lo si capisce dalle chitarre taglienti di Justine Frischmann e Annie Holland, una rarità nel genere.



The La's - There She Goes. Morbidi arpeggi di chitarra sixties e melodia che entra in testa. Classicismo inglese da questi figli di Liverpool e del Merseybeat. Dimenticavo: parla dell'abuso di eroina.



Divine Comedy – Tonight We Fly. Neil Hannon è un genio del pop sinfonico e della satira british. Come se i Kinks fossero suonati da Michael Nyman in un teatrino che dà le commedie di Noel Coward. Tonight we Fly tiene fede al testo e fa volare, forse sopra i tetti di Londra.

12/08/11

Devo: la de-evoluzione della musica



I Devo si piazzano con ferocia e impatto devastante nella storia della musica, possiamo dire quasi con un solo disco (al massimo due, i primi due ovviamente). Abili mescolatori di generi e creatori di un mondo de-umanizzato, de-umanizzato e de-evoluto, fatto di robot che si muovo meccanici e non rappresentano affatto il progresso della società. Da qui appunto il nome Devo, da De-Evolution.
Cosa erano i Devo?  Feroci testimoni di un mondo in cambiamento statico, che sembra andare avanti ma nella migliore delle ipotesi resta fermo (o lentamente regredisce) e che rispondevano alla visione androide-futuristica dei Kraftwerk in Germania con uno stile e un’interpretazione della musica incredibilmente forte e originale, con testi notevoli e un sound elettronico-ossessivo indimenticabile, soprattutto nel loro primo disco-manifesto, Are We Not Men del 1978, il loro capolavoro indiscusso.
Le canzoni dei Devo, così punk, così rock e così elettroniche allo stesso tempo, rompevano in modo satirico con i modelli e la società della fine degli anni 70 che si stava per affacciare sugli 80.



La band si era formata nel 1972 ad Akron. I membri principali erano tre,  Mark Mothersbaugh, Bob Lewis e Gerald Casale. E come racconta proprio Gerald Casale parlando della nascita del gruppo, in una delle interviste inserite in Totally Wired di Simon Reynolds (Isbn 2010), “c’è stata l’art nouveau  e l’art déco, ora ci sarà l’art devo. Rientrava in quell’ambito della trasgressione artistica, l’arte performativa, il fetish – prendere dalla cultura pop immagini che per l’arte di alto livello erano inaccettabili ed elevarle.”



Casale parla anche del concetto di De-evoluzione secondo i Devo: “Sono cresciuto in un ambiente fortemente proletario ma non ero uno stupido. Sono stato esposto a delle cose buone e le ho portate con me. Ad aver vissuto nel sudiciume della politica statunitense degli anni sessanta, con la catena di omicidi e l’ascesa della destra, se avevi letto libri come 1984 e Il mondo nuovo e La fattoria degli animali e provavi a mettere tutto insieme… Vedemmo il proliferare delle multinazionali nel nostro «paese democratico», la manipolazione dei media, pensavamo che le cose stessero andando all’indietro. Sembrava che l’evoluzione fosse una cazzo di barzelletta. Nel migliore dei casi la storia era un qualcosa di discontinuo e ciclico. E noi stavamo attraversando un ciclo di devoluzione.” E ancora: “Cercammo di fare musica devoluta. Voleva dire spogliarsi di tutti gli artifizi, le convenzioni e gli istrionismi delle brutte formazioni da stadio. Facevamo suonare il nostro batterista con un braccio legato alla vita. Provavamo in una cantina e cercavamo di usare il minor numero possibile di suoni, ma intrecciati, così che si potesse sentire ogni singolo suono distintamente invece che il tipico muro di suono. Le regole erano quelle. E le parole dovevano essere su questioni reali, sul mondo contemporaneo e idee vere che non si fossero sentite prima. Come Devo avevamo questa sorta di Manifesto. […] eravamo quasi arrivati dove siamo adesso, in una società feudale e corporativa. Adesso non c’è nessuna  reale libertà, solo la libertà del consumatore. Mi capitava di pensare che le cose non dovevano necessariamente andare come stavano andando e che era uno scontro ad armi pari. Ero ingenuo. A quel punto le possibili scelte erano due, o unirsi al Weather underground e cominciare a cercare di assassinare qualcuna di quelle persone malvagie, perché quello era il loro modus operandi – uccidere chiunque cercasse di fare la differenza in questa società o di dare speranza alla gente – oppure dare una folle risposta creativa stile Dada. I Devo erano questo.”

Ed ecco che prende vita l’estetica e la musica e l'immaginario dei Devo: i loro vestiti da robot, i movimenti meccanici e ripetitivi nei live, nessuna speranza per il futuro, canzoni che penetravano nella mente dell’ascoltatore, un sound tecnologico, futuristico e disumanizzato, ma tremendamente intrigante e un’immaginario che conquistò i fan della New Wave e risulta attuale anche oggi. Album incredibili che ancora oggi entrano in testa, con tutta la loro potenza. 



L’esordio Are We Not Men (1978), è davvero il loro manifesto, con una serie di canzoni incredibili e indimenticabili (Uncontrollable Urge, Gut Feeling, Sloppy; Mongoloid, Jocko Homo e soprattutto la cover di Satisfaction dei Rolling Stone. Ed è senza dubbio il disco più importante del gruppo, che negli album successivi inizia a offrire un sound meno geniale e graffiante. La loro carriera continua con Duty Now For The Future (1979), Freedom Of Choice (1980), New Traditionalists (1981), Oh No It's Devo (1982), Shout (1984), Total Devo (1988), Smooth Noodle Maps (1990), fino all’ultimo disco, dopo vent’anni esatti dal penultimo: Something for Everybody del 2010. 



DISCOGRAFIA
Are We Not Men (1978)
Duty Now For The Future (1979)
Freedom Of Choice (1980)
New Traditionalists (1981)
Oh No It's Devo (1982)
Shout (1984)
Total Devo (1988)
Smooth Noodle Maps (1990)
Something for Everybody (2010) 




11/08/11

Il Northern Soul



Signor Hulot ha scritto per il nostro blog un interessante articolo su un genere musicale che Simon Reynolds analizza con dovizia di particolari e aneddoti in Retromania: il Northern Soul.

Mentre nelle discoteche del sud dell'Inghilterra si ballava sui groove di Sly & The Family Stone e la musica nera dominante era piena di funk, nel piovoso nord i ragazzi e le ragazze della working class passavano i fine settimana a ballare sul quattro quarti del northern soul in locali come il Blackpool Mecca e il Wigan Casino. È una delle storie che Reynolds racconta in Retromania, ed è perfetta per comprendere il senso del libro. La storia del pop, del rock e della dance music è piena di piccole alterazioni temporali generate dalla riscoperta di forme e generi musicali del passato, che di volta in volta vengono presentati come più autentici della musica maggiormente in voga in un determinato periodo.
Il northern soul era una ripresa di suoni soul del passato – le centinaia di dischi pseudo Motown prodotti nel corso degli anni sessanta – considerati come l'autentica sorgente del soul e della musica da ballare. Il movimento era caratterizzato dalla ricerca frenetica di new old songs, nuove vecchie canzoni, gioielli dimenticati, come Out on the Floor di Dobie Gray, What di Judie Street o il rarissimo Do I Love You? di Frank Wilson, capaci di riportare in vita un determinato momento del passato musicale (una tendenza ereditata dai mods). I dj del Northern Soul spesso toglievano l'etichetta dalle loro "ultime" scoperte, per impedire che i dj rivali scoprissero di quale canzone di trattava, e quando il pezzo misterioso veniva scoperto, i nemici ne stampavano delle copie per invadere il mercato e deprezzare il valore di novità della canzone stessa (Retromania è anche una storia dell'economia e del mercato pop). Gli amanti del northern soul, con eleganza neo-mod, usavano abiti a tre bottoni e camicie Ben Sherman, giravano in scooter e inghiottivano tonnellate di pillole, oltre a celebrare un culto della blackness che, paradossalmente, era molto distante dalla cultura nera che nel periodo era prevalente in America nei primi anni settanta, piena di pantaloni a zampa, capigliature afro e coloratissimo soul psichedelico. Ecco qui uno degli aspetti della retromania: fare di qualcosa che è già fuori moda la cosa più cool del momento. Uno dei risultati più incredibili fu che musicisti sconosciuti che non erano riusciti a sfondare con i loro dischi venivano invitati a suonare in Inghilterra, a volte dopo che avevano già abbandonato qualsiasi velleità di tipo musicale, trovandosi davanti centinaia di giovani in adorazione. Un riscatto tardivo a opera di cultori di suoni retro e nostalgici di quello che oggi forse chiameremmo vintage.






10/08/11

Quando arriva la rivoluzione?

I movimenti rivoluzionari della cultura pop esercitano il loro impatto più ampio quando il loro «slancio» si esaurisce, nel momento cioè in cui le idee escono dalle élite alternative metropolitane e dalle conventicole intellettualoidi di cui originariamente erano esclusivo appannaggio per diffondersi a livello periferico e regionale. La controcultura e le idee radicali degli anni sessanta, per esempio, erano molto più in voga durante la prima metà dei settanta, quando portare i capelli lunghi e assumere droghe divenne pratica comune, quando il femminismo penetrò nella cultura popolare attraverso film e programmi televisivi sulle «donne indipendenti».

Da Post-punk 1978-1984 di Simon Reynolds, pag xv.

09/08/11

Simon Reynolds: RETROLOGIA #2



Ecco un'altra carrellata degli eventi principali e dei fenomeni del «Ri-decennio».

«Retrologia» (parte seconda: 2006-2008)
«2006/Gennaio: Rock of Ages – un musical che sta all’hair metal del Sunset Strip anni ottanta come Grease sta al rock’n’roll anni cinquanta e Mamma Mia! agli Abba – debutta al Vanguard di Los Angeles. Journey, Bon Jovi, Twisted Sister, Poison, Whitesnake e altri sono gli autori dei cavalli di battaglia di mtv che compongono la colonna sonora della storia di «un leggendario rock club di Hollywood che va incontro alla morte per colpa delle voraci società immobiliari». Definito dal Los Angeles Times «una bomba di adrenalina rétro», lo spettacolo si sposta al Flamingo Hotel and Casino di Las Vegas (tutto esaurito per varie serate) e poi a New York e Broadway >>>> 2006/Marzo: Dopo essersi riuniti per una serie di concerti, i membri ancora in vita della formazione originale degli Stooges pubblicano «The Weirdness», il primo album dopo oltre vent’anni >>>> 2006/Marzo: VH1 Classic sponsorizza un doppio tour di Blondie e The New Cars (con Todd Rundgren alla voce al posto di Ric Ocasek, contrario al progetto). L’ultima raccolta dei successi di Blondie è promossa dal singolo Rapture Riders, un mash-up della loro hit disco-rap Rapture e di Riders on the Storm dei Doors >>>> 2006/Giugno: Love, lo spettacolo sui Beatles del Cirque du Soleil, debutta a Las Vegas >>>> 2006/Luglio: VH1 Classic trasmette un documentario sui Platinum Weird, leggendario e dimenticato gruppo soft rock antesignano dei Fleetwood Mac. Al film partecipano Mick Jagger, Elton John e Ringo Starr, ma la band immaginaria, lanciata qualche mese prima con finti siti web, è formata da Dave «Eurythmics» Stewart e Kara DioGuardi. In autunno esce l’album «Make Believe», dieci registrazioni «del 1974» >>>> 2006/Agosto: MTV festeggia il venticinquesimo compleanno rimandando in onda le sue prime ventiquattr’ore di programmazione (1 agosto 1981) >>>> 2006/Settembre: Elton John e Bernie Taupin pubblicano «The Captain & The Kid», il seguito di «Captain Fantastic & the Brown Dirt Cowboy», il concept album semi-autobiografico del 1975. Per quanto la title track proclami che «you can’t go back / and if you try it fails» (Non puoi tornare indietro / Se ci provi fai fiasco), l’album vende quasi il doppio del precedente «Peachtree Road» del 2004, a detta di Elton «probabilmente uno dei miei album meno venduti di tutti i tempi» >>>> 2006/Novembre: «Love», una raccolta di remix e mash-up di classici beatlesiani realizzata da George Martin insieme al figlio Giles come colonna sonora dell’omonimo spettacolo del Cirque du Soleil a Las Vegas, debutta al numero 4 di Billboard e al numero 3 delle classifiche inglesi >>>> 2006/Inverno: Lou Reed esegue dal vivo per la prima volta l’intero album «Berlin»; altrettanto fanno Martin Stephenson e i Daintees con il loro «classico» «Boat to Bolivia» >>>> 2006/2007/2008: Già riformatisi nel 1996 per il Filthy Lucre Tour, i Sex Pistols si riuniscono per cinque concerti nel Regno Unito e vari festival europei >>>> 2007/Febbraio: Jo Mitchell, giovane artista del Regno Unito, rimette in scena all’ICA di Londra Concerto for Voice and Machinery, la famigerata e turbolenta performance allestita da alcuni elementi dell’ensemble rumoristico tedesco Einstürzende Neubauten nel 1984 proprio all’ICA >>>> 2007/Marzo: I Cool Kids, una formazione retro-rap, pubblicano il primo ep «Totally Flossed Out». Il pezzo forte è 88, un omaggio all’annus mirabilis dell’hip hop (nonché anno di nascita di Mikey Rocks, l’elemento più giovane del duo). Il New York Times spiega che fanno parte di un movimento lo-fi, stile «ritorno all’età dell’oro del rap», insieme ai Kidz in the Hall e ai Knux, il cui Krispy Kream dichiara: «Abbiamo registrato le canzoni nella maniera peggiore in modo che avessero un certo sentimento, come un vecchio disco hip hop del 1990 o che so io» >>>> 2007/Aprile: I Rage Against the Machine si riuniscono per la serata finale del Coachella Valley Music and Arts Festival, in California >>>> 2007/Aprile: I Theatre of Hate vanno in tour per celebrare il venticinquennale dell’album «Westworld» >>>> 2007/Giugno: Esce «Memory Almost Full», il ventunesimo album di Paul McCartney, pieno di brani elegiaci quali Ever Present Past, Vintage Clothes, That Was Me e The End of the End. «Non ci resta che il passato, a ben vedere» dichiara McCartney in un’intervista >>>> 2007/Settembre: Retrofest, il primo festival britannico dedicato agli eighties, va in scena in un castello scozzese con «il più grande schieramento di artisti anni ottanta dopo il Live Aid»: Human League, Tony Hadley degli Spandau Ballet, ABC, Howard Jones, Kajagoogoo, Bananarama e molti altri >>>> 2007/Settembre: Esce Control, il biopic di Anton Corbijn su Ian Curtis dei Joy Division >>>> 2007/Inverno: Rispuntano nelle classifiche inglesi i Madness, gli Happy Mondays, Hugh Cornwell e il suo gruppo, gli Stranglers (senza Hugh Cornwell), Ian Hunter, i New Model Army, The Men They Couldn’t Hang e i Commitments, la soul band cinematografica irlandese. Si ricordano poi il tour-anniversario dei Pogues per il venticinquennale e il «George Best» 20th Anniversary Tour dei Wedding Present, mentre la tribute band The Other Smiths lancia lo Strangeways Tour dedicato a «Strangeways Here We Come», l’ultimo album degli Smiths, e al «Best of Most of 1984-2006». Ma in una stagione competitiva come questa il premio Tristezza Cosmica va alle ventidue date del tour dei From the Jam, vale a dire Bruce Foxton e Rick Buckler senza Paul Weller >>>> 2007/2008: Il reunion tour dei Police tocca 159 arene in tutto il mondo fra il 28 maggio 2007 e il 7 agosto 2008, incassando oltre 340 milioni di dollari (il terzo tour più redditizio di tutti i tempi) >>>> 2007/2008: I Sonic Youth eseguono il loro allucinato ed epocale album «Daydream Nation» (1988) in ventiquattro concerti fra Stati Uniti, Spagna, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda >>>> » [...]

08/08/11

L'ora del pop



Sul blog Signor Hulot un post interessante sul rapporto tra la storia della musica, il passato e il presente:

Reynolds parla della nowness del pop, il rapporto tra cultura pop e tempo presente. In poche parole, a lungo il pop è stato inseparabile dalla sua capacità di mettersi in relazione con la propria epoca e di contribuire a definirla. Difficile pensare a un racconto sugli anni sessanta o sui movimenti di protesta in america o sull'edonismo degli anni ottanta senza pensare ai Beatles, a Bob Dylan o, poniamo, ai Duran Duran. Ora, lo strano effetto è quello di una cultura pop che sembra fluttuare attraverso il tempo, senza connettersi in modo diretto al senso dell'"Adesso". La nowness del pop, intesa come sua qualità primaria, corre attraverso un tunnel temporale. Essere pop, oggi, vuol dire riprendere il carattere iconico di Madonna (Lady Gaga), suonare come nella New York della fine degli anni settanta (Strokes), riattivare il garage blues (White Stripes), rispolverare il pop di coppia degli anni sessanta (le innumerevoli configurazioni del tipo duo lei-lui, da She & Him a Cat's Eyes). Persino riprendere il testimone di Crosby Stills Nash &Young e della West Coast (Fleet Foxes) o di oscure esplorazioni della tradizione folk (Devendra Banhart o Joanna Newsom). Non si tratta di semplici pastiche da parte di artisti che saltano da un genere all'altro in una sorta di deriva postmoderna che corre attraverso una miriade di temporalità musicali. Abbiamo davanti agli occhi delle fissazioni su determinate epoche passate del pop, piccole nevrosi in forma di canzone. Retromania è in fondo un viaggio in questa strana temporalità a due strati: sempre uno strato passato che appare sotto l'attuale, producendo una percezione sfalsata, leggermente spaesante. Da qui l'idea che mi rimane con più forza, leggendo il libro: che ci sia una sorta di storia sotterranea del pop, fatta di affioramenti e cancellazioni, diversa da quella – più rettilinea – che siamo abituati a sentirci raccontare.

Una breve carrellata di video degli artisti citati nel pezzo può aiutarci a capire meglio cosa intende:








05/08/11

Simon Reynolds: RETROLOGIA #1



Ecco un interessante estratto dall'introduzione a Retromania di Simon Reynolds: «Il Ri-decennio». Un concetto chiave del suo ultimo libro, che viene ripreso e approfondito nella Retrologia, che pubblichiamo a puntate qui sul blog.

«Invece di spalancare le porte del futuro, i primi dieci anni del XXI secolo hanno finito per qualificarsi come il «Ri-decennio»: revival, ristampe, remake, ricostruzioni. Per non parlare del perenne sguardo retrospettivo: ogni annata ha portato un profluvio di anniversari con corollario di biografie, memorie, rockumentari, biopic e numeri commemorativi di riviste. Senza dimenticare i gruppi riformati, si trattasse di reunion tour per rimpinguare (o gonfiare ulteriormente) il conto in banca (Police, Led Zeppelin, Pixies... l’elenco è infinito) o del preludio a un ritorno in studio di registrazione per rilanciare la carriera (Stooges, Throbbing Gristle, Devo, Fleetwood Mac, My Bloody Valentine e così via).»

Reynolds approfondisce con un meticoloso calendario di eventi musicali dal 2000 a oggi (anzi, a tutto il 2012) all'insegna del revival:

«Retrologia» (parte prima)
2000/Aprile: Apre allo Smithsonian Institution il Memphis Rock’n’Soul Museum >>>> 2000/Maggio: Esce The Filth And The Fury, documentario sui Sex Pistols, primo capitolo di una trilogia di documentari punk diretti da Julien Temple, regista di The Great Rock’n’Roll Swindle >>>> 2000/Giugno: Apre a Seattle l’Experience Music Project, enorme museo rock’n’pop fondato da Paul Allen, miliardario magnate dell’informatica >>>> 2001/Luglio: I White Stripes, revivalisti garage-rock, pubblicano l’album «White Blood Cells», strepitoso e acclamatissimo successo commerciale >>>> 2001/Novembre: Here and Now, una parata nostalgica che promette «The Very Best of the 80’s», va in tour nel Regno Unito, ripescando star come Paul Young, Kim Wilde, Curiosity Killed the Cat, Heaven 17, Go West, T’Pau e Nick Heyward e facendoli esibire davanti a 60000 persone in sette arene >>>> 2002/Febbraio: «Spring Term», una compilation nata dallo School Disco, un club stile anni settanta/ottanta, arriva al numero 1 nel Regno Unito >>>> 2002/Aprile: Esce 24 Hour Party People, una sorta di «biopic collettivo» incentrato su Tony Wilson, capo della Factory Records, ma dedicato a Joy Division, Martin Hannett, Happy Mondays e all’Hacienda >>>> 2002/Maggio: La moda del mash-up entra nel mainstream quando le Sugababes toccano il numero 1 con Freak Like Me, una «cover» di We Don’t Give a Damn About Our Friends di Richard X alias Girls on Top, a sua volta un mash-up di Are Friends Electric? di Gary Numan e Freak Like Me di Adina Howard >>>> 2002/Luglio: 40000 persone, molte delle quali in cravatta scolastica e gonna plissettata, accorrono a Clapham Common per School Fields, il festival nostalgico di School Disco >>>> 2003/Marzo: File Under Sacred Music, un evento presentato dai giovani artisti britannici Iain Forsyth e Jane Pollard all’ICA di Londra, rimette in scena un concerto tenuto dai Cramps nel 1978 al Napa State Mental Institute della California >>>> 2003/Marzo: Apre al pubblico 251 Menlove Avenue, la casa d’infanzia di John Lennon a Liverpool, acquistata da Yoko Ono, donata al National Trust e meticolosamente ricostruita in stile anni cinquanta >>>> 2003/Novembre: Esce «Let It Be... Naked», l’ultimo album dei Beatles ripubblicato senza le sovrincisioni e le fioriture orchestrali aggiunte da Phil Spector a posteriori >>>> 2004/Dicembre: I Doors of the 21st Century – Ray Manzarek e Robbie Krieger più Ian Astbury dei Cult come surrogato di Jim Morrison e Stewart Copeland dei Police alla batteria – suonano alla Wembley Arena, l’apice di un anno di tour spremi-leggenda. Il batterista originale John Densmore e il Morrison Estate si oppongono e vincono un’ingiunzione contro l’uso del nome Doors >>>> 2004/Primavera-estate: I Pixies si riformano per un tour che li porta in Stati Uniti, Brasile e Giappone, una reunion emotivamente difficile raccontata nel documentario loudQUIETloud >>>> 2004/Settembre: Brian Wilson pubblica «SMiLE», un tentativo di completare (insieme a Dyke Parks) il leggendario «Smile», l’album incompiuto dei Beach Boys iniziato nel 1966 >>>> 2004/Ottobre: Chronicles, Volume 1, il primo capitolo dell’autobiografia di Bob Dylan, viene pubblicato con grande successo >>>> 2005/Febbraio-Novembre: Il reunion tour dei Mötley Crüe incassa quasi 40 milioni di dollari, l’undicesimo tour più redditizio dell’anno >>>> 2005/Marzo: I Queen si imbarcano in un lunghissimo tour mondiale con Paul Rodgers (Free/Bad Company) al posto dello scomparso Freddie Mercury >>>> 2005/Luglio: No Direction Home: Bob Dylan, il documentario in due parti di Martin Scorsese sul Dylan degli anni sessanta, diventa un successo globale >>>> 2005/Agosto-Settembre: Don’t Look Back, prima stagione degli album classici eseguiti dal vivo secondo la scaletta originale: «Funhouse» degli Stooges, «Entertainment!» dei Gang of Four e «You’re Living All Over Me» dei Dinosaur Jr >>>> 2005/Ottobre: I tre concerti dei Cream al Madison Square Garden incassano 10,6 milioni di dollari >>>> 2005/Dicembre: Il singolo Talk dei Coldplay ricicla la sequenza di accordi di Computer Love dei Kraftwerk (1980), con la benedizione dei pionieri tedeschi del synthpop» [...]

04/08/11

James Murphy: il musicista come fan assoluto

Signor Hulot è un blogger appassionato di musica e di Simon Reynolds. Ha letto e apprezzato il nuovo libro di Reynolds, Retromania, in uscita il 15 settembre per Isbn Edizioni (traduzione di Michele Piumini).
Sul suo blog parla di "retro-visioni, hauntology e altre dimenticanze".  E scrive post molto interessanti sul rapporto che la musica e i musicisti hanno con la cultura del passato, come questo, James Murphy: il musicista come fan assoluto.



Nei suoi dischi come LCD Soundsystem, James Murphy, da ipermanierista musicalmente coltissimo, ha attraversato con l'orecchio sicuro del conoscitore decenni di elettronica e musica da ballo, recuperando suoni tipici del post punk o della disco mutante di New York, invitando sulla pista i Kraftwerk assieme agli Stooges e imitando perfino la parlata sporca da bassifondi di Manchester di Mark E. Smith dei Fall. Il name dropping di Losing my edge è un piccolo manifesto del rapporto di attaccamento del fan al passato e un emblema malinconico del musicista del XXI secolo che è prima di tutto qualcuno che ha ascoltato tanta musica e solo dopo, e proprio in quanto fan, trova la propria modalità espressiva. Il buon James Murphy ha creato con questa canzone una sorta di lamento dell'appassionato compulsivo di musica di nicchia (lui c'era "al primo concerto dei Can del 1968") di fronte all'arrivo dei ragazzini di internet che sono "in grado di dirgli ogni membro di ogni gruppo dal 1962 al 1978" e deve poi respingere gli assalti dei ragazzi delle art school di brooklyn con la loro "nostalgia presa a prestito per anni ottanta non celebrati". Losing My Edge è un panegirico ironico sul fan della vecchia guardia che era presente "alle prime prove dei Suicide in un loft di New York" e che è stato "il primo a suonare i Daft Punk ai rock kids", e ora sta perdendo il vantaggio sulle nuove leve, che sono in grado di attivare i loro momenti di retromania cliccando e scaricando in pochi minuti qualsiasi cosa. E poi ancora, in una vertiginosa rassegna dei momenti fondamentali di ogni buon fissato della musica cool, lui c'era, ai soundclashes giamaicani, al Paradise Garage con Larry Levan alla consolle e si è svegliato nudo a Ibiza nel 1988. E alla fine, parte l'elenco dei suoi dischi: dai Pere Ubu ai Fania All-Stars, dai This Heat a Scott Walker, dai Joy Division ai Royal Trux, da Juan Atkins alle Slits. Una galleria di tutta la musica che un tempo era fondamentale cercare e sentire (e un certa fatica da viaggio iniziatico era parte integrante di questa ricerca) e che ora chiunque può recuperare e magari subito cestinare con un click. James Murphy è il fan assoluto che viaggia in tutte le epoche storiche, esalta e ridicolizza la passione per gli oggetti musicali del passato, creando una sorta di antimanifesto, ironico ma affettuoso di una condizione di fandom (l'essere fan) che ora non può più esistere.


02/08/11

Cos'è questo blog



Perché questo blog? Perché da tempo Isbn Edizioni voleva parlare di musica non solo con i libri, ma anche attraverso un un sito che diffondesse un certo tipo di cultura musicale e che offrisse contributi originali sulla scena musicale internazionale, dagli anni settanta ai giorni nostri.
E poi, perché pensiamo che Simon Reynolds sia uno dei più importanti giornalisti musicali contemporanei, e ci piacerebbe diffondere quanto più possibile la sua opera: attraverso post relativi ai suoi libri, commenti, estratti e riflessioni, videoclip da YouTube, schede di gruppi, discografie e piccole monografie per orientarsi all'interno dell'universo Reynolds e della musica da lui analizzata.
Insomma,  una sorta di mega-archivio di contributi musicali e non solo, che si svilupperanno partendo dalla mappa dettagliata e stratificata che Simon Reynolds traccia all'interno dei volumi Post-Punk 1978-1984, Hip-hop-rock 1985-2008, Totally Wired fino all'ultimo, Retromania, in uscita il 15 settembre per Isbn Edizioni.
Buona lettura.

01/08/11

Cos'è Retromania



Un tempo il pop ribolliva di energia vitale: la psichedelia degli anni sessanta, il post-punk dei settanta, l’hip hop degli ottanta, il rave dei novanta. I duemila sembrano invece irrimediabilmente malati di passato: i Police e i Sex Pistols tornano sul palco, i Sonic Youth e gli Einstürzende Neubauten rimettono in scena le loro storiche performance live, i negozi di dischi sono invasi da cofanetti celebrativi di vecchie glorie del passato. Le «nuove» band che riempiono le playlist dei nostri iPod saccheggiano e riciclano la musica dei decenni precedenti: il garage punk dei White Stripes, il vintage soul di Amy Winehouse, il synthpop anni ottanta di La Roux e Lady Gaga. Non solo la musica, ma ogni aspetto della nostra società sembra soffrire della stessa patologia. Basta pensare ai remake di film di culto, alla moda del vintage, al revival della cultura hipster e mod.
Perché non sappiamo più essere originali? Cosa succederà quando esauriremo il passato a cui attingere? Riusciremo a emanciparci dalla nostalgia e a produrre qualcosa di nuovo?
Dopo il monumentale Post-punk, Simon Reynolds torna a stupirci con un’analisi meticolosa e provocatoria della cultura pop degli Anni Zero.

Simon Reynolds è il più autorevole critico musicale contemporaneo. Collabora, tra gli altri, con New York Times, The Guardian, Rolling Stone, The Wire. Isbn ha pubblicato Post-punk. 1978- 1984, Hip-hop-rock e Totally Wired.