12/08/11

Devo: la de-evoluzione della musica



I Devo si piazzano con ferocia e impatto devastante nella storia della musica, possiamo dire quasi con un solo disco (al massimo due, i primi due ovviamente). Abili mescolatori di generi e creatori di un mondo de-umanizzato, de-umanizzato e de-evoluto, fatto di robot che si muovo meccanici e non rappresentano affatto il progresso della società. Da qui appunto il nome Devo, da De-Evolution.
Cosa erano i Devo?  Feroci testimoni di un mondo in cambiamento statico, che sembra andare avanti ma nella migliore delle ipotesi resta fermo (o lentamente regredisce) e che rispondevano alla visione androide-futuristica dei Kraftwerk in Germania con uno stile e un’interpretazione della musica incredibilmente forte e originale, con testi notevoli e un sound elettronico-ossessivo indimenticabile, soprattutto nel loro primo disco-manifesto, Are We Not Men del 1978, il loro capolavoro indiscusso.
Le canzoni dei Devo, così punk, così rock e così elettroniche allo stesso tempo, rompevano in modo satirico con i modelli e la società della fine degli anni 70 che si stava per affacciare sugli 80.



La band si era formata nel 1972 ad Akron. I membri principali erano tre,  Mark Mothersbaugh, Bob Lewis e Gerald Casale. E come racconta proprio Gerald Casale parlando della nascita del gruppo, in una delle interviste inserite in Totally Wired di Simon Reynolds (Isbn 2010), “c’è stata l’art nouveau  e l’art déco, ora ci sarà l’art devo. Rientrava in quell’ambito della trasgressione artistica, l’arte performativa, il fetish – prendere dalla cultura pop immagini che per l’arte di alto livello erano inaccettabili ed elevarle.”



Casale parla anche del concetto di De-evoluzione secondo i Devo: “Sono cresciuto in un ambiente fortemente proletario ma non ero uno stupido. Sono stato esposto a delle cose buone e le ho portate con me. Ad aver vissuto nel sudiciume della politica statunitense degli anni sessanta, con la catena di omicidi e l’ascesa della destra, se avevi letto libri come 1984 e Il mondo nuovo e La fattoria degli animali e provavi a mettere tutto insieme… Vedemmo il proliferare delle multinazionali nel nostro «paese democratico», la manipolazione dei media, pensavamo che le cose stessero andando all’indietro. Sembrava che l’evoluzione fosse una cazzo di barzelletta. Nel migliore dei casi la storia era un qualcosa di discontinuo e ciclico. E noi stavamo attraversando un ciclo di devoluzione.” E ancora: “Cercammo di fare musica devoluta. Voleva dire spogliarsi di tutti gli artifizi, le convenzioni e gli istrionismi delle brutte formazioni da stadio. Facevamo suonare il nostro batterista con un braccio legato alla vita. Provavamo in una cantina e cercavamo di usare il minor numero possibile di suoni, ma intrecciati, così che si potesse sentire ogni singolo suono distintamente invece che il tipico muro di suono. Le regole erano quelle. E le parole dovevano essere su questioni reali, sul mondo contemporaneo e idee vere che non si fossero sentite prima. Come Devo avevamo questa sorta di Manifesto. […] eravamo quasi arrivati dove siamo adesso, in una società feudale e corporativa. Adesso non c’è nessuna  reale libertà, solo la libertà del consumatore. Mi capitava di pensare che le cose non dovevano necessariamente andare come stavano andando e che era uno scontro ad armi pari. Ero ingenuo. A quel punto le possibili scelte erano due, o unirsi al Weather underground e cominciare a cercare di assassinare qualcuna di quelle persone malvagie, perché quello era il loro modus operandi – uccidere chiunque cercasse di fare la differenza in questa società o di dare speranza alla gente – oppure dare una folle risposta creativa stile Dada. I Devo erano questo.”

Ed ecco che prende vita l’estetica e la musica e l'immaginario dei Devo: i loro vestiti da robot, i movimenti meccanici e ripetitivi nei live, nessuna speranza per il futuro, canzoni che penetravano nella mente dell’ascoltatore, un sound tecnologico, futuristico e disumanizzato, ma tremendamente intrigante e un’immaginario che conquistò i fan della New Wave e risulta attuale anche oggi. Album incredibili che ancora oggi entrano in testa, con tutta la loro potenza. 



L’esordio Are We Not Men (1978), è davvero il loro manifesto, con una serie di canzoni incredibili e indimenticabili (Uncontrollable Urge, Gut Feeling, Sloppy; Mongoloid, Jocko Homo e soprattutto la cover di Satisfaction dei Rolling Stone. Ed è senza dubbio il disco più importante del gruppo, che negli album successivi inizia a offrire un sound meno geniale e graffiante. La loro carriera continua con Duty Now For The Future (1979), Freedom Of Choice (1980), New Traditionalists (1981), Oh No It's Devo (1982), Shout (1984), Total Devo (1988), Smooth Noodle Maps (1990), fino all’ultimo disco, dopo vent’anni esatti dal penultimo: Something for Everybody del 2010. 



DISCOGRAFIA
Are We Not Men (1978)
Duty Now For The Future (1979)
Freedom Of Choice (1980)
New Traditionalists (1981)
Oh No It's Devo (1982)
Shout (1984)
Total Devo (1988)
Smooth Noodle Maps (1990)
Something for Everybody (2010) 




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